Storia della Flebologia
Nel 1947 Raymond Tournay inventò il termine flebologia: fino ad allora le malattie delle vene erano caratterizzate da due elementi: grande disinteresse da parte dell’insegnamento universitario ed enorme lentezza nella diffusione dei progressi terapeutici
Grecia.
Nel corpus ippocraticum il termine flebes viene riferito sia alle vene che alle arterie, mentre con il termine arteria si intendeva la trachea.
In caso di varici Ippocrate consiglia di eseguire delle punture più ravvicinate possibile lungo il decorso della vena, sì da ottenerne la completa obliterazione .
Sempre Ippocrate osserva inoltre che gli Sciiti che erano affetti da varici per il fatto che erano sempre a cavallo con i piedi a penzoloni.
Roma
Ad Aulo Cornelio Celso (25ac-50dc) si deve la prima descrizione di un intervento sulle varici nonché del relativo bendaggio.
Galeno (129dc) pone le basi scientifiche della circolazione: postula che il centro della circolazione sia il fegato e che il sangue dalla cava al cuore passa da un ventricolo all’altro attraverso dei piccoli fori del setto (teoria umorale)
Mondo arabo
Aezio d’Amida (VII sec) scrisse il De vasorum dilatazione nel quale descrisse gli aneurismi e il Tetrabiblon, in cui è descritta la prima legatura delle vene.
Paolo d’Egina (600dc) descrive il suo intervento sulle varici mediante legature e resezioni a partire da qualche centimetro al di sotto della crosse della safena interna fino al ginocchio.
Avicenna, il principe della medicina musulmana,preferiva la cauterizzazione alla asportazione delle varici.
Albukasis, altro grande medico di quell’epoca, procedeva secondo un sistema di legature multiple e di avulsione dei tratti intermedi, che forse ispirò lo stripping proposto da Mayo nel 1905.
Rinascimento
Gerolamo Fabrici d’Acquapendente (1533-1619) “riscoprì” le valvole pur attribuendo loro altre funzioni nel “De venarum ostiolis”.
Andrea Cisalpino (1519-1603): dalla sua opera scaturiscono due osservazioni fondamentali.
I° osservazione: legata una vena, incidendo verso la periferia,notò che prima usciva sangue venoso poi arterioso. II° osservazione: legata una vena, notò che si gonfiava verso la periferia e non verso il centro
Andrea Vesalio (1478-1555). Nel “De umani corporis fabbrica” contesta ufficialmente galeno e getta le basi per un naturalismo ancora valido.
Ambroise Parè (1540). Grande chirurgo di grossa esperienza;eseguì numerose trombectomie per spremitura e affermò che era meglio legare un vaso piuttosto che cauterizzarlo. Ipotizzo una eziologia psicosomatica delle varici avendo riscontrato la presenza di sangue malinconico nelle varici.
Finalmente nel ‘600 cade la filosofia dell'”ipse dixit” dei capisaldi storici e si dà il via libera alla sperimentazione oggettiva.
William Harvey (1578-1657). Finalmente scoprì la grande circolazione: circolo venoso e arterioso. Fu contestato e soprannominato “circulator” (imbroglione). Suo oppositore fu Jean Riolan: lo scopritore delle anastomosi delle arterie intestinali.
Marcello Malpighi (1682-1694). Fu lo scopritore dei capillari completando il cerchio fra le arteriose e le venule. I capillari erano già stati individuati da Andrea Cisalpino che li aveva chiamati “vasa per capillamenta risoluta”.
Alla miglior comprensione del circuito contribuì la miglior conoscenza di attività del cuore con un concetto di pompa più completo di quello di Leonardo, con Lancisi e Borelli.
La funzione delle vene rimase tuttavia ancora misteriosa e fu compresa solo dalla loro disfunzione, cioè quando l’incongruenza valvolare arrestava e riportava verso il basso il sangue crasso, nero, bilioso e melanconico.
L’idea di associare un’ulcera a una varice era già stata di Ippocrate, ma il primo che ipotizzò un criterio terapeutico fu Wiseman (1625-1686) che teorizzò un’idea coagulativa: iniettare con un ossicino bucato dell’alcool nella vena,provocare così la sua trombosi e guarire l’ulcera.